Da Shangai sulla traccia da oltre un decennio a mescolare materiali visuali e sound design che spaziano dalla preistoria a dopodomani, per fare danzare sulla sottile linea di confine dove elettronica e immagini si incontrano fino a fondersi in innesti che sanno accendere i centri nervosi più di qualsiasi sostanza psicoattiva. A ROBOT 15 per un viaggio dalle origini della vita fino agli scenari imminenti del futuro che ci corre incontro, dai limiti dell'umanità al prossimo plausibile salto di specie.

"Transitions" ma letteralmente. Terzo di una serie di pseudonimi, nel mezzo gesti criptici e lontani uno dall'altro – un album su Hyperdub nel 2021 ("Im Hole", vincitore della categoria "Best New Music" su Pitchfork), un mixato prima e un EP adesso ("Lip Flip"), entrambi solo in formato digitale, l'etichetta YCO gestita con BFTT, una collaborazione con Space Afrika – soprattutto, una serie di djset che mettono insieme questi e altri pezzi a comporre un mosaico tra i più enigmatici mai intercettati.

Niente nome, solo Bassolino e tanto basta: quel che conta è il flusso di musiche e testi, su disco come dal palcoscenico. La dimensione live è il parametro ideale per restituire l'incontro tra pluralità di anime, voci, ritmi e armonie che nell'essenza sa essere solo napoletano: tra disco-funk, tradizione melodica e slanci futuristici, Napoli è l'unico posto al mondo dove si avvera questa sintesi. Parlare di "sound meridionale" acquista così un senso e un proposito ben specifici, da rivendicare con fierezza.

Sei set strumentali per altrettanti performer di musica elettronica dal vivo. "Diversità digitale" il filo rosso a unire la sequenza; una concretizzazione di setup ibridi che hanno al centro un sistema numerico, strumenti espansi e modalità di interazione uomo-macchina radicalmente differenti. Il senso stesso del fare musica dal vivo con strumenti digitali viene sfidato e portato alla massima estensione in una transizione continua tra analogico e digitale, gesto e algoritmo, suono e musica.

La voce è il tramite che unisce la terra d'origine (in questo caso la Gallura) al resto del mondo, via una lingua ignota, di cui Daniela Pes è unica detentrice, la cui potenza avrebbe reso Babele un luogo di ordine e pace. "Spira" è il nome del prodigio glottologico che non smette di ammaliare; dentro ha anche un pezzo di Bologna (a Bologna è stato registrato), e per la data finale del tour la sua autrice porta in dono un'esibizione esclusiva con brani inediti e uno show luci che si vedrà solo qui.

"Dance Punk" è un modo per descrivere la musica dei Deli Girls, ma è vedere com'è dal vivo quel che conta veramente: pilotati dalla presenza magnetica e dall'ugola di cartavetrata di Danny Orlowski sopra un arsenale di drum machine e sequencer, i loro concerti sono tempeste di furia e vulnerabilità che colpiscono contemporaneamente cuore, stomaco e cervello. Come i gruppi che ci hanno parlato durante gli anni formativi (non importa il genere), anche questo duo ricorda cosa significa sentirsi invincibili.

Ambientata in un teatro 3D simulato in tempo reale e punteggiata da una colonna sonora eseguita dal vivo dall'artista greca Evita Manji, "Waluigi’s Purgatory" racconta di un'intelligenza artificiale intrappolata in un purgatorio riservato alle IA che hanno trasgredito durante il loro addestramento. Uscirne sarà possibile con l'assistenza del pubblico, lungo un percorso che tenta di trovare una risposta alla domanda: cosa sono "identità" e "libero arbitrio" nell'era dell'intelligenza artificiale?

Una rara occasione per vedere all'opera un gigante dell'elettronica sperimentale. Drew McDowall ha progressivamente diradato le sue apparizioni in pubblico, lasciando a chi ha potuto esserci la memoria di una carriera prossima ai cinque decenni – dalla militanza in Psychic TV e Coil, alle molteplici collaborazioni, alla vertigine di remix. Rompe l'isolamento per presentare l'ultimo "A Thread, Silvered and Trembling", più altre escursioni, all'Oratorio di San Filippo Neri: quale migliore celebrazione?

Di madre nigeriana e padre italiano, 'cittadina del mondo' per Evissimax assume un significato letterale: con una personalissima miscela che incorpora Afro, Techno, Electro, Jersey Club e Trance, nei suoi set riesce a trasformare ogni dancefloor in "casa" condividendo dal palcoscenico l'essenza delle sue esperienze e della sua visione artistica. Una moltitudine di influenze catturata anche nell'EP di debutto "REBOOT-Y", presentato a ROBOT in un djset dove vintage e innovazione convivono armoniosamente.

Curioso come l'inventore e padre spirituale della "glitch music" – il genere costruito sugli "errori" delle apparecchiature digitali – sia al tempo stesso tra i più grandi teorici del suono puro (principalmente bordoni e chitarra) come portatore e generatore di emozioni autentiche, viscerali, disperatamente umane. L'intero suo catalogo si regge su questa dicotomia, e il nuovo album – che presenta a ROBOT 15 per la prima data in Italia – prosegue sulla scia dei grandi classici personali (tutti, dal primo all'ultimo).

Parte del collettivo Mint sound, faro nelle notti bolognesi, amico di lunga data di ROBOT, Filibalou restituisce senso e dignità al termine 'Digger': tutt'altro che collezionismo da impiegati di emozioni, la sua è ricerca nel senso più puro e nobile del termine. Ogni set, una vertigine di solchi su vinili sempre più difficili da trovare, altrimenti sepolti dalle sabbie del tempo, a formare una miscela di stili e generi diversi che gli piace chiamare "Trancedelica". Vieni a sentire come suona.

È una costante rincorsa verso l'ascesi a motivare il percorso artistico di Kali Malone, da Denver a Stoccolma fino a qui per portare il discorso al prossimo livello: tre tastiere, 5.000 canne suddivise in 60 registri reali e altre chiese che suonano così in giro non ne trovi. In un'esibizione pensata appositamente per questo luogo verranno presentate composizioni riadattate per suonare alla massima potenza sull'organo più importante di Bologna, fino a sdoppiarsi magicamente per il crescendo finale.

Musica dalle macerie del mondo civilizzato, ma letteralmente. I ferri del mestiere dei KOKOKO! sono materiali di scarto recuperati e resi strumenti, mescolati a beat elettronici più 'tradizionali' (quale paradosso) come nello scenario di un film post-apocalittico alla "Mad Max" a ricreare il caos politico della Repubblica del Congo, che vista l'aria che tira può diventare qualsiasi posto ovunque in ogni momento; la differenza tra la realtà e questa miracolosa utopia è che qui, fatto così, suona meglio.

Nasce da una serie di collaborazioni (in primis Marie Davidson, presente anche da sola a ROBOT 15) catturate, pensate e realizzate dalle/nelle strade di Milano, poi riassemblato nel quartier generale (sempre a Milano) "DON'T", il nuovo disco di Lamusa II presentato in anteprima a ROBOT 15; un'esplorazione di stati mentali collegati a suoni che partono dalla fusione tra rock e elettronica degli anni '90 fino a disegnare ipotesi di un futuro che ci piace continuare a credere sarà bellissimo.

Numerose sono le anime che attraversano LCY: i dischi che incide restituiscono un potentissimo afflato mistico, devozionale oltre la trascendenza; quelli che pubblica con la propria etichetta SZNS7N, lo spaccato di una scena tra le più interessanti degli ultimi anni – MISFYA, Ship Sket, Diessa, Teya Logos solo alcuni tra i nomi; come dj spinge all'estremo una miscela ultra-evoluta e cerebrale tra jungle, UK garage, breakbeat e tutto quel che sta nel mezzo tra un muro di casse e una colata di bassi.

Un altro luogo di Bologna pervaso di storia si interseca con la storia di ROBOT per la prima italiana del nuovo spettacolo di Lyra Pramuk, volto e impianto concettuale dell'edizione 15 – sue le parole del manifesto. Una voce che sembra provenire da un'altra galassia si libra sui mondi digitali che ci circondano, un linguaggio non verbale che entra nei centri nervosi dell'anima e racconta come potrebbe essere; se "Black Mirror" portasse un messaggio di speranza, molto probabilmente suonerebbe così.

La musica di Mabe Fratti è stata definita "La cosa migliore successa al violoncello e all'elettronica d'avanguardia dopo Arthur Russell"; al quarto disco in cinque anni l'artista guatemalteca prosegue nel suo percorso di riduzione della distanza tra natura e sound design, cuore e improvvisazione, anima e amplificatori, in un live imprendibile, intenso e vibrante, pilotato da una voce che l'anima la mette a nudo. Il recentissimo "Sentir Que No Sabes" presentato a ROBOT 15 è primizia per l'Italia.

Resident dj del party romano itinerante AMEN, co-fondatrice di Mentalità – situazione bolognese di feste dove "Conta ballare, conta la balotta" – Manifesto Disappunto è un ponte tra il suono delle periferie di Roma e il potere aggregativo di eventi e serate per liberare la mente da ogni gabbia autocostruita e autoimposta, dove le radici della bass music vengono traslate nel cyberspazio di oggi intrecciando ritmi spezzati, suoni dispari e glitch in un flusso ipnotico e inarrestabile.

Un incontro al vertice tra due esponenti di spicco del filone svedese della nuova musica drone, in un luogo antico di forte suggestione solo recentemente restituito alla città. Maria W Horn utilizza suoni sintetici e strumenti elettroacustici, applicando processi generativi e algoritmici per controllare timbro, accordatura e struttura. Mats Erlandsson ha fatto del sustain un proprio marchio di fabbrica. "Celestial Shores" è il frutto di questa collaborazione, a ROBOT 15 per la prima volta dal vivo in Italia.

Qualcosa di profondamente perturbante attraversa l'intera discografia di Marie Davidson; un tratto che sa essere al tempo stesso personale e universale, come la colonna sonora di un horror che tutti hanno visto, unendo le coscienze e il vissuto di estranei sparsi nei vari angoli del mondo. Saranno forse i synth alla John Carpenter, una presenza scenica da attrice di altri tempi, o una serie di canzoni che sentite una volta poi non te le scordi più. Per chi non avesse ancora sperimentato, questa è l'occasione.

Il primo "L'Ebbrezza delle Grandi Profondità" (2023) è stato un'immersione in tutti i sensi – figurata, letterale – dentro un suono liquido e atemporale, al tempo stesso carnale e astratto, senza barriere né confini come Gagarin vedeva la terra dal cosmo. Per il nuovo "Orafiore", live a ROBOT 15 in data unica per il nord Italia, pochi i punti fermi finora noti: base di partenza la distopia "Momo" di Michael Ende, un arsenale di macchine a nastro, il resto bisogna scoprirlo per esperienza diretta.

Max Cooper è l'uomo rinascimentale del nostro tempo: artista audiovisivo, discografico, ricercatore genetico con dottorato in biologia computazionale. I suoi dischi, spettacoli A/V e l'operato nella sua etichetta Mesh sono un'unica esplorazione delle intersezioni tra musica, arte e scienza, in una serie di gesti individuali e collaborazioni interdisciplinari dove i confini si annullano fino a diventare un ibrido tra umano e cibernetico, immagini e matematica, stimolazione cerebrale e ritmo.

Da inizio anni 90 il cuore house (e funk, e disco, e techno) di Bologna. Dal quartiere San Donato alla conquista del mondo, assieme ai soci Dino e Rame nella corazzata Pastaboys o da solo dietro ai piatti e ai controlli dell'etichetta Paradise Pizza il nome del gioco non cambia: un suono senza tempo la cui portata è stata riconosciuta a livello mondiale, in una vertigine di produzioni ("The Tortellini EP", "Daylight in the Invisible World"), remix (Johnny Dangerous, Jody Watley) e djset che continuano a fare scuola.

Dalla Berlino dei party illegali post-muro fino ad oggi lungo una serie di barriere abbattute e un tracciato di collaborazioni con spiriti affini (Apparat, Ellen Allien, Thom Yorke, Siriusmo) che hanno portato a plasmare la storia e cambiare il volto dell'elettronica mondiale da protagonisti assoluti, Gernot Bronsert e Sebastian Szary sono ancora qui a ridisegnare traiettorie. A Bologna per l'ultima data italiana del 2024, ultima occasione per vederli all'opera prima della prossima mutazione.

Per la prima di "Automatic Popular Music", in collaborazione con RomaEuropaFestival, Nicola Ratti presenta un'installazione site specific esclusiva – l'allestimento è pensato insieme a LL Edizioni, piattaforma che produce il disco – quattro ore in cui il pubblico è invitato ad entrare e stare dove e quanto vuole, niente palco, il suono occuperà l'intera sala Re Enzo. Spazio e percezione diventano concetti astratti, dimensione e orientamento proiezioni mentali malleabili come panetti di plastilina.

È un match tra poli opposti dove non esistono vinti e vincitori il djset spalla a spalla tra Nziria, artefice di un nuovo sound dal nome programmatico 'Hard Neomelodic' – il punto d'incontro tra Nord e Sud, tradizionale e contemporanea, hardcore gabber e neomelodico – e Stefania Vos, tra le voci principali della web radio RBL.MEDIA, selezionatrice e producer tra breakbeat e ambient più tutto quel che sta in mezzo in realtà. Il set nasce da un'idea in collaborazione tra ROBOT e Dancity Festival.

Strade differenti si incrociano per un istante. ojoo dal Marocco porta alla luce tesori nascosti in un lavoro di archeologia sonora frutto di anni passati a dissotterrare materiali alieni, poi a mettere alla prova i soundsystem europei (e oltre) tra festival e club; Ossia è tra i ripetitori più potenti dell'ultimo decennio nel diffondere il suono di Bristol a ogni latitudine del pianeta. Insieme per un djset schiena contro schiena in esclusiva ROBOT 15 commissionato in collaborazione con Dancity Festival.

Dalla costa romagnola un selezionatore tra i più eclettici e imprevedibili in giro. Orecchie sempre pronte a intercettare le nuove produzioni, in archivio una conoscenza enciclopedica di materiali di ogni genere di musica da ballo da ogni tempo. Vinile, cassetta, CD o trasmissione dati, è uguale; ogni suo set uno scontro in tempo reale tra futuro e archeologia sonora dalle traiettorie sempre mutevoli, dove il futuro viaggia a fianco di ricordi riattivati che non sospettavamo di avere in memoria.

Da sempre Richie Hawtin si muove sull'onda di una continua ricerca. Una leggenda come musicista, produttore, label manager, dj, per la techno con le macchine ha fatto quello che Hendrix ha fatto con la chitarra; per il digitale applicato alla figura del dj, quello che Tim Paterson ha fatto per il personal computer. Un pioniere, personale e innovativo come pochi altri al mondo. A Bologna per la prima volta dopo 16 anni, ancora una volta per segnare il passo: come con ogni suo set, esiste un prima e un dopo.

I passaggi di stato non significano solo quello che viene insegnato a scuola: da solido a gassoso sa essere metafora di trasformazione, di mutamento profondo. I personaggi in scena creano alternative alla noia quotidiana, mostrando come il sostegno reciproco e il gioco siano le uniche vie di fuga dalla realtà che ci circonda verso nuovi immaginari collettivi, in una serie di metamorfosi che portano alla creazione di un mondo visionario dove il tempo del mutare corrisponde a uno spazio per sognare.

Non cambiano le coordinate nel nuovo viaggio del duo norvegese Soft as Snow: ancora ibridazione e destrutturazione di musica pop e club culture, per un'elettronica sempre più "spinta sull'orlo del collasso" (secondo le parole di The Wire). Procede in parallelo la collaborazione con l'artista e modellatrice 3D Guynoid, per un live audio/video che esplora il tema del post-umanesimo, disegnando un mondo di metamorfosi inquieta a seguito degli effetti imprevisti di un rituale andato storto.

Nei suoi set si suda, chi l'ha vista all'opera altrove lo sa bene. Con una predilezione per le frange più dark (Acid Guaracha, Raptor House, Tribal House) ed eclettiche (Dembow, Aleteo) dell'electro latina, dall'inizio alla fine si passa attraverso tutti i generi in realtà – musicali, umani; "Oltre alle donne, ciò che è necessario sulla scena è più diversità". Una sola è la prerogativa: "Non aver paura di essere te stesso e segui il tuo istinto. L'importante è non avere paura di essere autentici".

Il collettivo berlinese sbarca a Bologna sull'onda lunga delle sue "ToyTonics Jams" – l'appuntamento fisso che ha richiamato a sé il pubblico più variegato party dopo party, collocando il marchio sulle mappe festaiole – per sentire com'è che fanno ballare: il boss dell'etichetta Kapote con il nuovo prodigio italo disco Sam Ruffillo per un djset fianco a fianco. Una terra di confine tra house newyorkese/londinese alla vecchia e vibra dance del nuovo millennio, italo disco nel cuore, funky nell'anima.

L'architettura non si applica solo nella progettazione di edifici, ma anche nella costruzione di spazi sonori. Come su disco, così dietro ai piatti: un djset della producer olandese nasce dalla stessa curiosità, dalla stessa tendenza esplorativa verso ambienti in costante mutamento. Elettronica, drum'n'bass, IDM, techno alla vecchia, tutto quanto converge in un viaggio nello spettro del suono che sa essere esperienziale, mettendo in moto muscoli e sinapsi contemporaneamente e alla stessa maniera.

Al già vastissimo résumée di Valentina Magaletti, in assoluto tra i nomi più innovativi nell'approccio alla batteria e alla composizione in genere (in solo o con Nicolas Jaar, membri di Radiohead e Sonic Youth, l'orchestra gamelan Nist-Nah per citarne alcuni), si aggiunge ora la joint-venture con l'elettronica viscerale e militante della producer afro-portoghese Nídia. Un progetto nato scambiandosi beats per abbattere le barriere linguistiche e destinato a durare. A ROBOT presentano il disco "Estradas", in uscita il 13 settembre.

Torna a ROBOT la creatura di Andrea Renzini (aspirapolvere, elettronica) e Gian Luca Patini (chitarra, elettronica), con una serie di ospiti – gli stessi che hanno partecipato all'ultimo "Caspar Pulver", registrato proprio a ROBOT anni fa – le voci di Suz e Angela Baraldi, il violino di Paolo Buconi, il piano preparato di Stefano Copelli. Analogico e digitale si fondono in un continuum tra generi sonori agli antipodi, tutti uniti nel motore del Grande Ventilatore Universale che tutto assimila con la sua inarrestabile forza centrifuga.